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Corporate Academy, il nuovo perimetro
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Corporate Academy: il nuovo perimetro

Negli ultimi anni, la tendenza da parte delle grandi aziende di creare Corporate Academy è sempre più consolidata e sta iniziando a coinvolgere anche le PMI. Una ricerca dello scorso marzo del Sole 24 Ore ha fatto il punto sulla situazione in Italia e ha verificato che il numero di Academy attive è in costante crescita: si è passati dalle circa 40 Academy presenti in Italia nel 2015 alle 160 individuate nel 2021. In stretta correlazione con il tessuto produttivo italiano sono diffuse principalmente in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Lazio e Campania. Si riscontra una prevalenza nel settore manifatturiero, ma anche gli altri settori produttivi sono rappresentati: bancario, assicurativo, tecnologico, alimentare. Il motivo principale di questa crescita considerevole è che le Corporate Academy costruiscono e sostengono il sistema di sviluppo delle competenze manageriali, tecniche e culturali di una organizzazione.

All’interno delle Academy vengono strutturati percorsi di eccellenza personalizzati sui diversi ruoli, integrati fra loro e dinamicamente allineati all’evoluzione del mercato e della vision dell’organizzazione. L’Academy è il “nuovo luogo” di condivisione di identità, valori e competenze delle organizzazioni. Ma quali finalità hanno le Corporate Academy, perché sono sempre più popolari tra le aziende e soprattutto come possono rappresentare un elemento distintivo e di successo per il business dell’azienda?

Le finalità delle Corporate Academy

È facile constatare che, già da qualche anno, le aziende frequentemente internalizzano i processi di formazione manageriale e tecnica, occupandosi in prima persona della crescita professionale dei dipendenti attraverso la formazione soprattutto con attività di riconversione e/o arricchimento professionale. Questo accade in particolare nel settore manifatturiero, dove l’introduzione delle Tecnologie 4.0 ha generato l’esigenza di adeguare i profili professionali dei dipendenti. Quest’azione riguarda in primo luogo le persone operanti nell’area della produzione come tecnici e operai, i quali sono direttamente alle prese con l’uso e la manutenzione dei nuovi macchinari e dei processi industriali trasformati attraverso l’automazione e la digitalizzazione. Un esempio a questo riguardo è quello dei sempre più emergenti profili dell’operatore 4.0 e del manutentore 4.0, i quali lavorano, metaforicamente, con la chiave inglese in una mano e il tablet per il monitoraggio delle macchine nell’altra.

Per la popolazione dei colletti bianchi, invece, il periodo Covid ha fatto la differenza: durante il lavoro a distanza è risultato evidente che creare e mantenere il dialogo e il rapporto di fidelizzazione e la cura dei dipendenti sarebbe diventata la sfida quotidiana in azienda. Inoltre, per rispondere alla situazione d’emergenza e rimanere competitive, la maggior parte delle aziende hanno accelerato la digitalizzazione dei processi aziendali a 360 gradi. Di conseguenza l’esigenza di maggiore flessibilità della presenza fisica sul posto di lavoro e di partecipazione, in tutto o in parte autogestita, alla vita aziendale da parte dei dipendenti è diventata una costante sulla quale è stato impossibile tornare indietro.

Queste aziende hanno imparato sul campo che nuove categorie di competenze e nuovi gruppi professionali stanno diventando sempre più necessari. Infatti le nuove tecnologie digitali impattano sull’organizzazione e sui processi aziendali in modo rilevante, spesso disruptive e non sempre prevedibile e consapevolmente gestito in tutte le implicazioni; pertanto, le persone che lavorano in azienda devono sviluppare rapidamente nuove competenze e nuovi comportamenti per mantenere il passo con lo sviluppo del business, adeguarsi al nuovo contesto e consentire all’azienda di trarre i massimi vantaggi dall’applicazione completa e capillare dell’investimento sull’automazione e la digitalizzazione dei processi. Le skills più utili, allo scopo di creare questa nuova cultura del lavoro, sono quelle che risultano da un’integrazione tra le competenze umanistiche (cognitive e relazionali) e le tecniche di utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici e di applicazione al business mediante metodi strutturati di problem solving e agile management.

Il tutto sostenuto dalla capacità del dipendente di auto gestirsi nel percorso di sviluppo e di apprendimento continuo in modo da diventare soggetto attivo nel mantenimento della propria employability all’interno e all’esterno dell’azienda. Con questa nuova logica di manutenzione e ammodernamento dei profili professionali, un indispensabile tassello di una Academy è diventato il sistema integrato di assessment, sviluppo, valutazione e certificazione delle competenze. Mentre i KPI con i quali viene valutata la formazione sono stati messi a sistema con i data analytics che l’azienda sta implementando. Inoltre, sempre più frequentemente la certificazione delle competenze viene correlata a sistemi di valutazione riconducibili a standard nazionali e internazionali.

La sfida del “melting pot” generazionale

Per garantire il successo di questi importanti e spesso onerosi interventi formativi, è fondamentale che l’azienda sia in grado, da un lato, di realizzare percorsi formativi coerenti con la propria vision e mission e offrire strumenti, programmi e attività formative di alto livello e flessibili in linea con i reali bisogni dell’organizzazione, dall’altro che sappia proporli ai propri dipendenti in modo attraente e così da invogliarne l’accesso con modalità varie e gratificanti. A questo proposito, infatti, l’anagrafica dei dipendenti nasconde nuove incognite: per la prima volta nella storia, abbiamo 4 Generazioni che convivono insieme nello stesso posto di lavoro. Ogni generazione ha attitudini, comportamenti, aspettative, motivazioni e stili di apprendimento distintivi.

La vera sfida per le aziende nella gestione di queste diverse tipologie di persone è essere in grado di muoversi tra accoglienza, riconversione professionale e collaborazione. Questo ‘’melting pot’’ generazionale richiede capillarità e innovazione nel modo di erogare formazione ai diversi targets di utenti. Digital Learning, Gamification, Realtà virtuale ed aumentata, bitsized learning, learning in the flow of work, experiential learning sono diventate le tecnologie e i metodi didattici più diffusi nelle ‘’aule aziendali’’. Ciascuno strumento porta il suo linguaggio e bagaglio di opportunità, quali l’accessibilità e l’esperienza formativa più attraente per l’utente rispetto alla classica formazione frontale. Sempre di più, infatti, questi percorsi vengono sviluppati dal punto di vista del fruitore, in modo da permettergli di seguire un percorso personalizzato in grado di farlo sentire protagonista.

Un modello di apprendimento integrato

Ovviamente, però, nessuna di queste nuove forme di erogazione da sole o nella forma integrata rappresenta la soluzione ideale per garantire l’effettiva fruizione della formazione e ancora più importante la comprensione, la sperimentazione, l’apprendimento e, soprattutto, l’effettiva applicazione, di quanto appreso in ’’aula’’, alla prestazione professionale. Allo stesso tempo, è quindi necessario che la Corporate Academy sia organizzata e capace di ritagliare la formazione particolarmente efficace è quella basata su un modello di Apprendimento (derivato da Kotter) nel quale gli aspetti motivazionali, relazionali ed esperienziali sono fondamentali per trasferire la conoscenza in azienda e ottenere risultati di apprendimento stabili e continuativi tali da assicurare il miglioramento delle performance della persona.

Da questo punto di vista il modello proposto integra una visione sistemica e analitica su persone, processi, tecnologie, con solide competenze e lunga esperienza di Instructional Design e l’utilizzo e valorizzazione delle competenze degli esperti interni per sviluppare un modello di apprendimento competence based che integri contenuto, azione e relazione. Ai fini aziendali, infatti l’apprendimento più efficace per il dipendente è quello che risulta dall’analisi critica dei propri successi e insuccessi, dal confronto con i best performers e le best practices ed i leader aziendali, accompagnato dal vivere esperienze ad alto impatto emotivo,  durante le quali saper attinge alle proprie competenze e a quelle del network. Questo mix cognitivo-relazionale-esperienziale che esprime il know-how esplicito ed implicito aziendale fa la differenza tra il portare a casa il risultato atteso o una performance negativa. Un’Academy che utilizzi con costanza questo approccio nello sviluppo di qualsiasi esperienza formativa che si tratti di formazione online o in presenza, comportamentale o tecnica è necessariamente fortemente integrata nei processi di business e nel vissuto quotidiano delle persone, le quali non percepiscono più la differenza tra l’esperienza di ‘’formazione’’ e il loro contesto lavorativo. Il management aziendale che ne comprende la portata e i benefici potrà utilizzarla come importante leva di cambiamento e sviluppo dell’azienda.

Una nuova categoria concettuale: la Capability

La Corporate Academy assume quindi un ruolo fondamentale di catalizzatore culturale per il cambiamento e l’integrazione. Questo significa, come abbiamo visto, diventare il luogo fisico e virtuale in cui le persone sono non solo destinatarie di interventi formativi, ma anche e soprattutto soggetti attivi di sviluppo e di condivisione, di competenze e di capacità, di diffusione della cultura aziendale e di continua innovazione dei processi. Per sviluppare sempre più questo percorso, il modello della Corporate Academy è in evoluzione, non limitando i propri sforzi al trasferimento del know-how attraverso l’offerta di corsi e percorsi di apprendimento progettati attorno a competenze tecniche o professionali e al reperimento ed implementazione della migliore modalità di progettazione formativa e di erogazione.

La nuova Corporate Academy si focalizza su quanto rappresenta veramente la differenza per l’azienda e il suo successo, utilizzando una nuova categoria concettuale di cui si parla molto: la Capability. La Capability rappresenta qualcosa in più rispetto alle competenze e guarda ai confini tra hard skill e soft skill dando nuova centralità a queste ultime. Si può finanche ipotizzare che la Capability diventi le hard skill del futuro, con un possibile forte un impatto anche sul sistema educativo. Attualmente esso è strutturato a silos e articolato in momenti di formazione ben distinti: dalle scuole elementari, alle scuole medie e superiori fino all’università, ciascuna di queste realtà è impegnata a formare le persone all’interno di un sistema chiuso. Nel sistema educativo del futuro sarà centrale la dimensione di ecosistema: un insieme di realtà permeabili che offrono ai discenti esperienze di apprendimento significative. In questo modo i contorni del reale diventano sempre più sfumati ed esso stesso diviene parte integrante dell’apprendimento. La c.d. Capability Academy di cui parla Josh Bershin ha per oggetto la comprensione e la diffusione delle business capability.

La Capability Academy è un’organizzazione incentrata sulle capacità rilevanti per il business aziendale. È un luogo in cui le persone vanno per migliorare le proprie capacità lavorative. Va oltre le competenze tecniche e funzionali e si concentra sulle capacità aziendali di cui un’azienda ha bisogno per prosperare. Che cos’è dunque una business capability? In parole povere, è una combinazione di abilità, conoscenze ed esperienze di cui i dipendenti hanno bisogno per avere successo. E queste capacità sono spesso uniche, esclusive e proprietarie dell’azienda. Sono quelle caratteristiche che l’azienda ritiene siano le proprie capacità strategiche distintive in termini di valori, di core competences, di organizzazione, di processi, di finalità e di leadership. Tutto ciò che crea il proprio valore sul mercato, che sottostà alle ragioni di scelta da parte del cliente e nelle quali l’azienda sa di eccellere.

Queste capabilities aziendali vengono insegnate su larga scala a tutti i dipendenti, per garantire che questi possano operare, innovare e crescere nelle aree di business importanti per l’azienda. I programmi vengono generalmente progettati in collaborazione con esperti interni (cd Subject Matter Experts) e i leader aziendali, e, per la ottimale progettazione dei corsi, coinvolgendo degli esperti esterni in Instructional Designer. Vengono poi utilizzate varie metodologie formative nell’erogazione (Story Telling, Coaching, On the Job ecc) basate sul modello di apprendimento esperienziale prima menzionato e sulla condivisione dei casi di successo. Infine, i percorsi di apprendimento sono composti da programmi, projects work e nuovi incarichi di sviluppo, spesso richiedono mesi per essere completati e sono disegnati su misura intorno ai processi, agli strumenti e alle tecnologie dell’azienda in tempo reale. In questo contesto, accanto al sapere e al sapere fare, diventa centrale il sapere essere e il saper convivere.

Questa impostazione ci consente di affermare che le Capability sono parte integrante del processo di trasformazione della cultura del lavoro, che si accompagna alla Quarta rivoluzione industriale in contesti agili. Per citare un esempio importante Ericsson ha costruito un’intera 5G Academy per le sue squadre di vendita e ingegneria. Il 5G non è solo un insieme di tecnologie: sono nuovi modelli di business, nuove soluzioni applicative e un modo completamente nuovo di posizionare ciò che fa Ericsson. Quindi la Sales Academy include programmi, incarichi e persino valutazioni basate sul confronto con i colleghi. Cisco costringeva i responsabili delle vendite a ricevere “credenziali” dai loro colleghi per raggiungere un livello senior.

La Corporate Academy: asset competitivo e strategico

Questo tipo di Academy si concentra quindi sulla creazione di capacità di business reali, ma in modo scalabile, aperto e in continuo miglioramento. In questo modo le accademie aziendali possono supportare la ricerca di nuove soluzioni, tecnologie e pratiche per l’azienda. Spesso, infatti, le Capability Academy svolgono un ruolo molto rilevante anche per il futuro dell’azienda e hanno delle ‘’stanze’’ dedicate all’innovazione delle competenze e dei processi. In questi luoghi aperti di condivisione vengono coinvolti soggetti esterni all’azienda, appartenenti ad un network variegato composto da clienti, fornitori, start up, studenti universitari e società di consulenza, e diventano spazi fisici e virtuali nelle quali vengono lanciate ed affrontate challenge tecniche e di business importanti per il futuro dell’azienda e dove i dipendenti lavorano (e imparano) a fianco di questi soggetti esterni.

In questo caso l’obiettivo diventa non tanto (solo) acquisire le nuove competenze digitali ma reinventare il modo con il quale fare il business. In questo modo la Corporate Academy diventa un asset competitivo e strategico per l’azienda, in grado di attrarre talenti, diffondere il brand aziendale e creare occasioni di networking, innovazione e business. Una Corporate Academy così organizzata permette di far acquisire un’ottima reputazione presso tutti gli stakeholder dell’ecosistema di relazioni, valorizzando l’azienda in modo da essere accattivante agli occhi dei potenziali candidati e, soprattutto dei collaboratori attuali, con ricadute estremamente positive anche dal punto di vista del bilancio. Presentarsi come un’organizzazione che ha a cuore il futuro professionale delle persone e le coinvolge profondamente nel progetto di business permette di trasmettere un’immagine di valore e suscita interesse, anche nei confronti degli attori esterni all’organizzazione, come fornitori, clienti e partner, costruendo quindi occasioni di relazione e di sviluppo commerciale. Secondo una ricerca di BCG, una efficace attività di Employer Branding può arrivare a ridurre il tasso di turn-over dei dipendenti fino al 28%: risulta anche evidente in questo senso il consistente risparmio in termini di costi di recruiting. Senza considerare il valore attribuito all’azienda in termini di Responsabilità sociale, così rilevante anche sotto il profilo degli indicatori economici.

L’impatto sugli stakeholders

Entra in gioco a questo punto una visione davvero olistica delle Corporate Academy che, laddove si facciano portatori dei valori e delle competenze dell’azienda aprendosi al mondo esterno, diventano i diffusori dell’immagine aziendale nel territorio e rappresentano il ponte tra l’azienda e il territorio.

Sempre di più gli stakeholder esterni vedono le azioni di formazione come espressione della politica di responsabilità sociale dell’azienda. Abbiamo già detto della rilevanza della Corporate Academy nel preparare i dipendenti, nel creare e mantenere employability, facendo diventare le azioni e i KPI della formazione argomenti sempre presenti e citati in tutti i bilanci di Sostenibilità delle maggiori aziende. Ma è quando le Corporate University estendono le loro attività alle Scuole, ai giovani e ai disoccupati che queste entità assumono un ruolo sociale davvero unico e rilevante ed esprimono il meglio dell’azienda che rappresentano in termini di impatto sugli Stakeholder. La necessità di preparare i giovani al mondo del lavoro, offrendo loro linguaggi, competenze ed esperienze aziendali il più possibile in anticipo rispetto all’ingresso reale in questo mondo è sempre più pressante.

L’orientamento alla scelta di discipline scolastiche e studi universitari coerenti con i futuri fabbisogni delle aziende viene anticipata ai cicli di studi della primaria, si pensi alle discipline STEAM e al bisogno evidente di creare e sviluppare nuovi mestieri. Si calcola che il 65% degli studenti delle primarie di oggi avranno dei lavori che non sono ancora stati inventati, l’80% dei quali richiederanno competenze tecnologiche.

Per questo motivo le Corporate Academy con il loro bagaglio di contenuti ed esperienza assumeranno un ruolo sempre più di vetrina dell’azienda e potranno diventare in futuro l’attore fondamentale di molteplici iniziative nell’ambito della politica di Responsabilità Sociale con un rilevante impatto sul territorio.

In conclusione, la Corporate Academy offre davvero molte opportunità a chi sceglie di dotarsene, e alle persone che la vivono, ma ciascuna realtà deve trovare la sua collocazione e il suo percorso in coerenza con il Purpose, lo scopo ultimo per cui l’azienda è stata creata, partendo possibilmente da un assesment iniziale per arrivare alla costruzione della visione e del modello e, infine, alla sua realizzazione. A quel punto potrà diventare a tutti gli effetti un patrimonio aziendale essenziale e duraturo.

Donatella Pinto per FOR – Rivista per la formazione

Docente presso Università Cattolica di Milano del Master of Science Innovation and Technology Management.

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